Sabato 7 luglio papa Francesco ha incontrato i rappresentanti delle Chiese presenti in Medio Oriente, tra cui il patriarca di Costantinopoli Bartolomeo, il patriarca di Alessandria Teodoro II, il metropolita russo Hilarion, il papa copto Tawadros, il patriarca siro-ortodosso Mar Gewargis II, i patriarchi delle chiese orientali cattoliche Béchara Rai (maroniti del Libano) e Luis Raphael I Sako (caldei dell’Iraq), e il vescovo luterano di Giordania, Sani Ibrahim Azar. Scopo del loro incontro era di pregare e riflettere insieme sulla drammatica situazione dei cristiani mediorientali, che ormai da parecchi decenni sono oggetto di continue discriminazioni, efferate persecuzioni ed esili forzati. A tal proposito basterà ricordare che se all’inizio del ‘900 i cristiani costituivano il 20% della popolazione del Medio Oriente, oggi sono ridotti ad appena il 4%.
I patriarchi e i vescovi sono incontrati a Bari, non solo perché questa città è da sempre un ponte tra l’Occidente e l’Oriente, ma soprattutto perché essa custodisce le reliquie di San Nicola di Myra, uno dei santi più venerati dai cristiani orientali: ogni anno migliaia di pellegrini – soprattutto russi – visitano la sua tomba e lo stesso patriarca di Mosca, Kilill, quando era alla guida del Dipartimento delle relazioni estere del Patriarca Alessio II, è venuto due volte in pellegrinaggio a Bari. Monsignor Enrico Nicodemo, vescovo di Bari per vent’anni dal 1953 al 1973, un giorno affermò giustamente che “San Nicola non è il santo di Myra o di Bari, dell’Oriente o dell’Occidente, ma è il Santo di tutta la Cristianità”.
Ma torniamo all’incontro. Dopo una preghiera ecumenica alla Rotonda sul lungomare, esso è continuato a porte chiuse all’interno della Basilica di San Nicola. Le discussioni, durate due ore e mezza, sono state introdotte da un intervento di monsignor Pierbattista Pizzaballa, già custode di Terra Santa e ora amministratore del patriarcato latino di Gerusalemme. Egli dapprima ha offerto una dettagliata analisi dei profondi cambiamenti politici e religiosi in atto in Medio Oriente, poi ha mostrato che in questo contesto i cristiani non possono far altro che camminare verso una sempre maggior comunione, abbandonando i particolarismi, le rivalità e la propensione a confidare in ambigue alleanze politiche. Nella medesima direzione si è mosso anche papa Francesco, il quale ha detto che “il nostro essere Chiese è tentato dalle logiche del mondo, logiche sbrigative e di convenienza. E c’è il nostro peccato, l’incoerenza tra le fede e la vita, che oscura la testimonianza. Sentiamo di doverci convertire ancora una volta al Vangelo, garanzia di autentica libertà, e di farlo con urgenza ora, nella notte del Medio Oriente in agonia. Come nella notte angosciosa del Getsemani, non saranno la fuga o la spada ad anticipare l’alba radiosa di Pasqua, ma il dono di sé a imitazione del Signore”. Nel corso dell’incontro, da più parti, è stato infine ricordato che in Medio Oriente l’ecumenismo sia una realtà che, nel sangue di tanti martiri, sta già ora producendo frutti benedetti di unità. (Enzo Ravelli, Responsabile Ufficio Diocesano per l’Ecumenismo e il Dialogo Interreligioso).
In allegato lo speciale pubblicato dopo l’incontro di Bari da “Il Settimanale” con un’analisi delle crisi e dei conflitti in atto in Medio Oriente.