“Solo una maggiore adesione e comprensione dell’identità propria di una Chiesa orientale cattolica, alla luce del Concilio Vaticano II, permette una migliore testimonianza, incisività e risposta pastorale alle sfide attuali del continente europeo, e una vera condivisione del tesoro dell’Oriente cristiano nel cuore della Chiesa Universale”. È quanto si legge nel comunicato finale dei vescovi orientali cattolici al termine del 21º Incontro europeo, che si è concluso ieri nell’Eparchia di Lungro, in Calabria, sul tema “Il volto di una Chiesa orientale”. L’evento ha avuto il patrocinio del Ccee. I vescovi presenti, in rappresentanza di 12 Chiese sui iuris, hanno posto l’accento sui “problemi, le sofferenze di tanti fedeli orientali cattolici in Europa”, sottolineando “il dramma della guerra in Ucraina, le difficoltà delle Chiese orientali che comunque intendono vivere e vivono il Vangelo di Cristo e desiderano annunciarlo agli uomini di buona volontà”. Per i vescovi, “riflettere sul volto di una Chiesa orientale cattolica rende coscienti queste Chiese delle potenzialità pastorali e dei tesori spirituali presenti nelle rispettive comunità, e che vogliono condividere con la Chiesa tutta”.
“Le Chiese orientali cattoliche in Europa non sono chiuse, bensì aperte ai problemi, alle sofferenze dei tanti cristiani perseguitati, in particolare dei fratelli che specialmente nel Medio Oriente, vivono la loro fede testimoniata dal sangue dei martiri dei nostri giorni”, prosegue il comunicato. “I vescovi presenti si associano alla preghiera del 7 luglio prossimo a Bari indetta da Papa Francesco e alla quale si assoceranno numerosi Patriarchi cattolici e ortodossi per testimoniare il desiderio di pace e di giustizia per quella terra, amata e visitata da Dio, ma da troppo tempo martoriata, violentata e devastata, da uomini, dimentichi della loro dignità e di quella altrui, resa spesso merce di scambio per vili interessi di potenze regionali o mondiali”. Al termine dell’assise, conclude il comunicato finale, “il nostro pensiero di vicinanza va anche ai numerosi migranti costretti a lasciare la propria casa e i propri affetti in cerca di migliori condizioni vita e un ringraziamento alle comunità che li accolgono”. I giorni dell’incontro, oltre alle sedute di studio, hanno visto anche dei pellegrinaggi a “diversi importanti luoghi di fede della Calabria: il santuario di San Francesco di Paola, Patrono della Calabria e della gente di mare, la visita a Rossano Calabro del Museo Diocesano del “Codex Purpureus”, dove i vescovi hanno potuto ammirare il famoso codice del VI secolo, accolti dall’arcivescovo Giuseppe Satriano.
“La ricerca sul ruolo delle comunità italo-albanesi nel cammino ecumenico è un cantiere ancora aperto”, e la Chiesa di Lungro è “ben aperta per ricevere e per dare sulla strada che conduce, nei tempi che sono nella mente e nel cuore del Signore, alla piena unità visibile della Chiesa” ha affermato Riccardo Burigana, direttore del Centro per l’ecumenismo e il dialogo interreligioso di Venezia, intervenendo al 21º Incontro dei vescovi orientali cattolici in corso nell’Eparchia di Lungro dal tema: “Il volto di una Chiesa orientale”. Per Burigana, “il cammino ecumenico sta vivendo una stagione nella quale le speranze di nuovi gesti di fraternità e di condivisione” sostengono “una riflessione teologica che si deve confrontare con le questioni dogmatiche ancora aperte”, in particolare quelle “che impediscono il superamento definitivo dello scandalo delle divisioni, senza abbandonare il cammino di una riconciliazione delle memorie”, con il compito di “vivere l’unità sempre e comunque”. Per il relatore, la Chiesa di Lungro – di cui ha tracciato un profilo storico – “può favorire la crescita di un cammino ecumenico” capace di comprendere come “un’esperienza di fede, nata dalla sofferenza di lasciare la propria terra, abbia saputo dare nel corso dei secoli frutti che hanno consentito di mantenere il patrimonio spirituale, liturgico, teologico e culturale, senza abbandonare l’unità che nasceva dall’idea che questo patrimonio faceva parte, a pieno titolo, della Chiesa cattolica”. Un esempio che “non deve essere considerato qualcosa di unico” atteso “che si potrebbe immaginare un ruolo analogo, anche per tante, se non tutte, le Chiese cattoliche di rito bizantino in Europa, che tanto hanno sofferto e, anche per questo, tanto possono offrire al cammino ecumenico”, un “dono prezioso per incamminarsi nella strada che conduce a vivere l’unità della Chiesa nella diversità delle tradizioni”.