Nel 2019 ricorre il 25° anniversario delle relazioni diplomatiche tra Santa Sede e Israele. Il 30 dicembre 1993, sotto il pontificato di Giovanni Paolo II, viene siglato a Gerusalemme lo storico Accordo Fondamentale tra i due Paesi, entrato in vigore nel 1994 con lo scambio, in aprile, dei rispettivi ambasciatori. Sul tema abbiamo intervistato l’ambasciatore di Israele presso la Santa Sede, Oren David
“Il 2 aprile del 2005 moriva Giovanni Paolo II una pietra miliare delle nostre relazioni. Sotto il suo pontificato sono state instaurate le relazioni diplomatiche tra Israele e Santa Sede nel 1994. Lo ricordiamo con un’immagine del suo pellegrinaggio in Israele”.
Così l’ambasciata di Israele presso la Santa Sede ha ricordato, con un tweet, la morte di san Giovanni Paolo II, che nel 2000 si recò in pellegrinaggio giubilare in Terra Santa. Nel 2019 queste relazioni diplomatiche celebrano il loro 25° anniversario. Per l’occasione il Sir ha intervistato l’ambasciatore di Israele presso la Santa Sede, Oren David.
Il 2019 segna 25 anni dallo stabilimento delle relazioni diplomatiche tra Israele e Santa Sede. Dopo 25 anni qual è lo stato di salute dei rapporti tra Santa Sede e Israele?
Dopo 25 anni dall’instaurazione delle relazioni tra lo Stato di Israele e la Santa Sede possiamo dire che oggi le nostre relazioni sono buone e basate sul dialogo e sulla fiducia reciproca, esse sono inoltre uniche perché questioni politiche si intrecciano con questioni di carattere religioso. I 25 anni segnano un giubileo d’argento e quest’anniversario deve essere uno stimolo per andare avanti e rafforzare ulteriormente la nostra cooperazione ad esempio in ambito accademico e culturale, nella promozione dei pellegrinaggi nei Luoghi Santi di Israele, nella lotta contro l’antisemitismo e contro il negazionismo, fenomeni che purtroppo stanno acquistando sempre più forza.
Le relazioni tra Stato di Israele e Vaticano sono basate su un legame “profondo e unico”. Ad essere condivisi “gli stessi valori, virtù e ideali”. Quale contributo ha dato il documento conciliare Nostra Aetate (1965) allo stabilimento di queste relazioni?
La Dichiarazione Nostra Aetate è un documento teologico unico che ha portato ad un cambiamento fondamentale nell’atteggiamento della Chiesa Cattolica verso l’ebraismo, e nelle relazioni tra cristiani ed ebrei e ha reso possibile la firma, il 3° dicembre 1993, dell’Accordo Fondamentale tra la Santa Sede e lo Stato di Israele: l’unico stato ebraico. Nel gennaio 1994, circa 46 anni dopo la creazione dello Stato di Israele, furono aperte in Israele l’Ambasciata Vaticana e a Roma l’Ambasciata Israeliana. Nostra Aetate è un documento epocale, ancora non sufficientemente conosciuto da tutti che bisogna continuare a diffondere.
Le visite dei Pontefici Giovanni Paolo II, Benedetto XVI e Papa Francesco in che modo possono essere considerate parti vive e fondanti dei rapporti tra Israele e Santa Sede? Quale ricordo hanno lasciato questi Papi in Israele? Hanno aiutato a favorire una maggiore amicizia tra ebrei e cristiani in Israele?
Quando un Papa si reca in Israele gli occhi di tutto il mondo seguono questo viaggio. Ogni viaggio è diverso perché i periodi storici sono diversi e perché le personalità dei Pontefici sono diverse. Questi viaggi possono essere considerati come una diplomazia dei gesti, una diplomazia che va oltre le parole ed è quindi altamente simbolica.
Giovanni Paolo II è stato in Israele nel 2000 in una visita ufficiale. E’ stato un Pontefice che ha vissuto e conosciuto la tragedia della Shoah e le relazioni diplomatiche tra i nostri due Stati sono iniziate con lui, quindi il suo pellegrinaggio è stato altamente simbolico e ha rafforzato il riavvicinamento tra ebrei e cristiani. Nella sua visita del 2009, Benedetto XVI ha ripreso alcuni degli elementi della visita del suo predecessore e ha segnato un ulteriore rafforzamento delle nostre relazioni, ha rappresentato un altro passo sulla via del dialogo. Papa Francesco ha visitato Israele nel maggio del 2014 ed è stato accolto con grande entusiasmo da tutta la popolazione israeliana senza distinzione di fede. La sua è stata una visita più breve di quella dei suoi predecessori ma è stata la sua prima visita ufficiale fuori Italia scelta da lui e la decisione di deporre una corona sulla tomba del fondatore del Sionismo, Theodor Herzl è stato un gesto di grande valore sia simbolico che politico, un ulteriore riconoscimento del legame tra il Popolo ebraico a la Terra di Israele.
Nell’aprile del 2013 l’allora presidente israeliano Shimon Peres in un’intervista all’Osservatore Romano, dopo un colloquio con Papa Francesco, ribadì la sua apertura per la soluzione dei “due Stati per due popoli” raggiungibile “attraverso il dialogo e i negoziati, in spirito di tolleranza e coesistenza”. Ritiene ancora possibile questa soluzione tanto a cuore alla Santa Sede?
Prima di tutto Hamas deve cessare di bombardare Israele con i suoi missili. Recentemente un missile ha colpito una casa nel nord di Tel Aviv distruggendola e ferendo 7 persone tra cui un bimbo di tre anni e uno di soli pochi mesi. Israele vuole la pace, ma le organizzazioni terroristiche non la vogliono.