Inaugurata in Medio Oriente

Prima chiesa dedicata a san Giovanni XXIII

Lungo la blue line a sud di Tiro presidiata dagli uomini del contingente italiano in Libano, il tempo dei razzi lanciati dagli Hezbollah sembra ormai un ricordo. Dopo le tensioni del dicembre scorso, con la distruzione dei tunnel scavati dai miliziani sciiti e le rappresaglie israeliane, anche la zona cuscinetto ha ritrovato il suo equilibrio. Nel Paese dei cedri, l’altra Terra Santa dei Vangeli, oggi è in corso una rinascita di convivenza tra culture e religioni diverse.

Shama, nella base della missione di pace italiana dell’Onu United Nations interim force in Libano, si è inaugurata ieri la chiesa di rito latino dedicata a San Giovanni XXIII e alla Madonna del CarmeloÈ la prima in tutto il Medioriente. Ed è stata costruita con la partecipazione di cristiani di tutte le confessioni insieme a musulmani sciiti e sunniti.

Giusto sessanticinque anni fa proprio Roncalli, come Legato Pontificioera venuto qui a incoronare “Maria Regina del Libano”, e ricordando l’esperienza di comunione e pace fatta in quei giorni alla presenza di patriarchi e vescovi di vari riti – maroniti, greci, siri, armeni, caldei, copri, latini – scriverà sul retro di una fotografia che lo ritraeva insieme ad altri prelati e personalità libanesi: «Come si vede non c’è uno che si assomigli ad un altro: cattolici, ortodossi, musulmani… ex omni genere».

In tutti però un comune rispetto alla Regina del Libano, alla evangelica fraternità». Anche adesso è significativo che in un territorio così delicato e difficile venga dedicata una chiesa a San Giovanni XXIII, il Papa artigiano della pace, antesignano del dialogo ecumenico e interreligioso. Certo «un segno tangibile di fratellanza per tutta la popolazione non solo dell’area» ha detto il generale Diodato Abagnara nel piazzale della base prima del rito di inaugurazione celebrato dall’ordinario militare per l’Italia, Santo Marcianò.

Oggi papa Giovanni è ritornato in Libano come santo – ha commentato l’arcivescovo nell’omelia davanti ai caschi blu di dodici nazionalità – affinché da operatori di pace, possiate costruire e indicare itinerari di riconciliazione nella pacifica e operosa convivenza tra culture, razze, e religioni, per una unità sempre possibile e sempre più necessaria». Anche papa Francesco – attraverso il Segretario di Stato Pietro Parolin – ha rivolto ai partecipanti il suo «pensiero», esprimendo «apprezzamento per la significativa realizzazione».  (da Avvenire.it)